Se pensate che il termine “sicurezza alimentare” si limiti alla pulizia dei luoghi di preparazione dei cibi o a quanto pericolosi possano essere gli additivi alimentari, purtroppo non siete abbastanza informati sull’argomento.
L’igiene dei luoghi di produzione e vendita è senz’altro indispensabile ma può essere considerato solo uno dei tanti componenti l’intricato mondo della sicurezza alimentare che in realtà consiste nel conoscere e far propria la cultura di comportamenti corretti nell’intera gestione degli alimenti, dall’acquisto fino al loro consumo.
La scelta di consumo di un alimento piuttosto che un altro è sempre associata alla sua percezione sensoriale: bell’aspetto, profumo, gusto. Anche se molto importanti, questi parametri non sono sufficienti a far capire a chi li consuma se l’alimento risulta pericolosamente contaminato.
Chiunque infatti, potrebbe ricordare un evento tossinfettivo alimentare senza riuscire però ad associare uno specifico alimento ingerito che facesse puzza, o fosse già acido o fosse già diventato di un altro colore. Sarebbe ovvio scartare alimenti in evidente stato alterato.
Questo perchè molte delle contaminazioni microbiche in grado di nuocere poi al consumatore non inducono nessuna modifica sensoriale all’alimento. L’unica alternativa è ridurre il rischio con la prevenzione, conoscendo quali altri indicatori utilizzare per una scelta accurata (temperatura di conservazione, modalità di esposizione e conservazione, contesto ambientale ).Perchè si parla spesso di contaminazioni microbiologiche?
Dati provenienti dalla FAO (Food and Agriculture Organization), dalla WHO (World Health Organization) e dalla bibliografia internazionale evidenziano che nei paesi industrializzati i principali problemi di sicurezza alimentare sono di origine microbiologica.
Se ci si attiene alle patologie acute e subacute, stime autorevoli attestano che i rischi per la sicurezza alimentare da additivi, pesticidi e farmaci veterinari, sono responsabili in realtà di meno dell’1% delle malattie associate agli alimenti.
Ogni anno nei Paesi industrializzati circa il 30% della popolazione va incontro a patologie determinate dalla contaminazione microbica degli alimenti. Inoltre, al contrario di quanto spesso si creda è proprio nell’ambiente domestico che si verificherebbe la percentuale maggiore di tossinfezioni alimentari.
L’opinione corrente del rischio, ossia la percezione del consumatore medio, su quale sia il pericolo più probabile nell’alimentazione vede in testa la presenza di sostanze chimiche negli alimenti seguiti da additivi, educazione nutrizionale errata, e germi patogeni per ultimi.
In realtà la verifica scientifica del rischio alimentare pone al comando le cattive abitudini alimentari in prima posizione seguita dalle patologie causate da microrganismi patogeni, proseguendo con contaminanti naturali e contaminanti chimici e additivi.
Inoltre secondo la WHO, nell’ambiente domestico si verificherebbe il 41% del numero complessivo di tossinfezioni alimentari a seguire con il 29% alberghi, ristoranti e bar e 12% asili, centri per anziani, e scuole. Il rimanente 18% è frazionato in luoghi vari.